Dal Palazzo Reale di Milano arriva alle Grandi Aule delle Terme di Diocleziano l’eccezionale mostra dedicata allo scultore francese Auguste Rodin, promossa dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Roma e dal Musée Rodin di Parigi, l’esposizione è stata curata da Aline Magnien in collaborazione con Flavio Arensi. Roma è stata fondamentale per la formazione di Rodin, colpito soprattutto dalle opere di Michelangelo, dai pieni e vuoti della Cappella Sistina, dalla scenografia del Mosè di San Pietro in Vincoli e dal “non finito” delle sculture michelangiolesche. Perfetto è dunque il luogo dell’esposizione nelle aule termali, che sono state sistemate 450 anni fa da Michelangelo nella chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri Cristiani. La mostra, che espone in serie cronologica i marmi dell’artista, è un percorso nell’estetica, in cui emerge una sensibilità del tutto nuova rispetto alla sua epoca, la materia cerca la sensualità e il nudo si espone con una carica erotica innovativa. Si apre con il tema dell’illusione della carne e della sensualità, l’opera centrale è “Il bacio”, scultura scandalosa e di grande scalpore nella Francia di fine ottocento. Nonostante un certo disprezzo per l’opera – che invece affascinò da subito il pubblico – Rodin posò orgoglioso davanti a ”Il bacio”, espressione della vera bellezza. Subito dopo ci si imbatte in una delle opere più emblematiche: “La mano di Dio”, che regge il blocco di terra da cui sono plasmati gli esseri umani, nella quale Rodin sperimenta la resa del volto nell’ombra di una parte sporgente. Il tema del rilievo è fondamentale, molte opere creano uno sfondo e si configurano come una sorta di alto o bassorilievo. Chiude la mostra una serie di ritratti di personaggi come Puvis de Chavannes, Lady Sackville e Victor Hugo, molto suggestivi e dal particolare distacco per il contrasto del marmo bianco con i mattoni grezzi dell’Antica Roma e caratterizzati dalla poetica dell’incompiuto michelangiolesco. I modelli in gesso del progetto originario permettono di approfondire il metodo di lavoro del maestro, che è anticipatore della pratica contemporanea – pur riprendendo le consuetudini delle botteghe antiche – di delegare agli aiutanti e sbozzatori l’esecuzione dell’opera. Togliere ogni pesantezza dal marmo nel tentativo di dargli leggerezza e privarlo della sua materialità alla ricerca di una forma, già racchiusa, questa ricerca è la continuazione al tema dei “Prigioni” di Michelangelo. Lo scrittore austriaco Rainer Maria Rilke affermava che nelle sue opere si evidenzia quella grande solitudine sublime e inaccessibile che avvolge ogni capolavoro del genio.
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