Nella sale italiane dal 4 dicembre, "Magic in the Moonlight" è il nuovo film di Woody Allen dal titolo quantomeno curioso: la magia c'è, nulla da dire, ma durante il corso del film, se si escludono sintomi di bipolarità e cambi repentini d’umore dei protagonisti in pieno stile del regista, allora di chiari di luna (moonlight) se ne vedono ben pochi. Mettete da parte quindi l'idea di romantiche passeggiate sotto le stelle e fate largo invece alla luce del giorno della bellissima Costa Azzurra, per una cornice, a tratti, persino forzata: preparatevi insomma ad essere letteralmente abbagliati dal sole, al punto da chiedervi se gli effetti siano voluti o se il cameraman (magari un londinese che di rado vede tanta lucentezza) non si sia lasciato prendere un po’ troppo la mano. Ma andiamo al sodo: siamo nei ruggenti anni '20 e colui che in arte è il rinomato prestigiatore Wei Ling Soo, nella realtà è Stanley Crawford (ah, Colin Firth!), gentiluomo inglese che fuori dal palco crede in tutto fuorché alla magia. Eppure con i soldi guadagnati dai suoi spettacoli può concedersi di vivere a Belgravia con la fidanzata. Insomma tra gli affari economici e quelli di cuore tutto sembra procedere per il meglio per il nostro spocchioso e snob Stanley. Ma la serenità del protagonista è destinata a durare poco: l’incontro con  il vecchio amico Howard Burkan (Simon Mc Burney) infatti lo mette nella condizione di fare le valigie non per le Galapagos bensì per la Costa Azzurra di cui sopra, luogo in cui una presunta medium pare stia offrendo i suoi servizi extra sensoriali, fregando fior fior di quattrini a ricche famiglie locali. D’altronde chi meglio di Stanley, il più grande esperto di inganni, diabolici trucchetti e cineserie e contemporaneamente il miglior esponente del tragico pessimismo cosmico applicato alla vita, potrebbe svelare la falsa identità della giovane veggente Sophie Baker (Emma Stone)? Perché Stanley ne è sicuro: Sophie è una truffatrice! Peccato che la ragazza sia veramente carina e dimostri effettivamente poteri e capacità dell’occulto da non sottovalutare. A favore del film si può certamente dire che l’idea non fosse malvagia, peccato aver smascherato l’intreccio della trama dopo venti minuti dall’inizio del film. La delusione non è stata nemmeno troppa: Woody Allen ci aveva già lasciati un po’ interdetti con le sue ultime produzioni e questa non solo non è stata la prima ma con tutta probabilità non sarà nemmeno l’ultima magagna da parte sua. Più che il triste richiamo alle atmosfere fitzgeraldiane  - imbarazzante il paragone tra la casa di Gatsby e il palazzo dove si tiene il ballo del film di Allen -, più che la povertà nella cura dei vestiti e dei personaggi (fatto salvo il sempre aplombico Colin Firth), più che il giro in macchina tra i due protagonisti a voler riecheggiare con scarso esito “Caccia al ladro” di Alfred Hitchcock, il maggior insuccesso per la pellicola è stato sicuramente proprio quello di non riuscire a nascondere fino alla fine il mistero che provava ad alimentarne la trama. Eppure, nel momento in cui una signorina al cinema ha esclamato al ragazzo seduto accanto a lei: “Io non ho capito, me lo spieghi?” mentre scorrevano i titoli di coda, ecco allora c’è stato da chiedersi se Woody Allen in realtà non ne abbia indovinata un’altra, e abbia, per l’ennesima volta, fatto vedere al gran pubblico esattamente quello che voleva vedere.



 


 

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