Spettacolarità ed economia. Queste le parole d’ordine della Carmen di Bizet che ieri sera ha inaugurato il Torino Classical Music Festival. Sei giornate di grande musica – dal 23 al 28 giugno - animeranno l’accogliente piazza San Carlo, gremita di gente che entusiasta ammirerà il palcoscenico o i tre maxischermi allestiti. Sul podio dell’Orchestra e Coro del Teatro Regio, Ryan McAdams, presentatosi con una direzione sicura, concentrata e di ampio respiro, come dimostra nel primo approccio della Ouverture celeberrima. Alternati momenti di piena celerità e concitazione, che accompagnano nella – piccola e stilizzata – scena il mezzosoprano Ekaterina Semenchuk come la famosa zingara, Francesco Meli come Don José, Erika Grimaldi in una splendente Micaëla e per Escamillo Elia Fabbian. Economia, ebbene sì: per rappresentare in due ore scarse tale opera, inevitabile sacrificare qualcosa, forse troppo. Recitativi riassunti da didascalie a video, interi episodi tagliati, con un risultato finale di un’opera zeppa di numeri musicali. Forse si è perso quell’equilibrio fra musica e declamazione che fa emergere maggiormente la bellezza delle arie. L’intento di questa messa in scena di Anna Maria Bruzzese è colpire lo spettatore. Anzi, la grande folla di spettatori. Con Carmen non è difficile, godendo quest’opera di una partitura frizzante e di una storia avvincente. Splendida presenza scenica e vocale del soprano Grimaldi e del tenore italiano, acclamati a gran voce – specialmente la prima – dal pubblico a luci spente. Di contro tiepidi gli applausi per Carmen, che non convince, peccando di quella maestosità che caratterizza il personaggio. Un grande plauso va al Teatro Regio che è riuscito, con pro e contro, a portare gratuitamente in piazza un’opera come la Carmen. Adesso rimane la curiosità per la Carmen in programma come chiusura della prossima stagione del Regio, curata da Asher Fisch e Matthias Hartmann, direttore e regista.
LA FILARMONICA SI FONDE DOPPIAMENTE IN PIAZZA SAN CARLO
Domina la fusione nella seconda serata del Torino Classical Music Festival dedicata alla Germania. Scende in campo l’Orchestra Filarmonica di Torino guidata da Daniele Rustioni, un direttore che somatizza profondamente quella che è la carica emotiva delle partiture. L’eccitazione traspare fortemente durante l’Ouverture "Coriolano" di Beethoven che apre il concerto. Quasi fosse Rustioni – e la Filarmonica - una reincarnazione del furore che spingono Gneo Marcio Coriolano a marciare contro Roma nell’omonima tragedia di Collin, da cui Beethoven trae ispirazione. La pienezza marziale dell’esecuzione iniziale lascia spazio al caldo piacere del Concerto per violino e orchestra op. 64 di Mendelssohn. Qui la Filarmonica si fonde in un binomio perfetto con la solista Francesca Dego. La violinista sintetizza egregia presenza scenica e concentrazione esecutiva incantando il pubblico, in particolar modo durante il secondo movimento. Nuovo pezzo, nuova fusione: il Concerto per pianoforte e orchestra op. 54 di Schumann chiama a completare l’orchestra il pianista Benedetto Lupo. Forse oscurato dalle emozioni che l’hanno preceduto sul palco, questo connubio sembra funzionare troppo "scolasticamente". Bravura certo, che però sembra non riscaldare il pubblico presente. Alla fine bis per entrambi i solisti e tanto entusiasmo per questo primo contributo della Filarmonica, che chiuderà domenica il festival con la stessa formula: Rustioni e due solisti.
TRIONFO DI SEMPLICITA’ PER IL TORINO CLASSICAL MUSIC FESTIVAL
L’intimità della musica austriaca, la “classica” per antonomasia, chiude questa ottima esperienza del Torino Classical Music Festival. Schubert, Haydn e Mozart scendono in piazza – San Carlo, per la precisione – tra un pubblico che ogni sera è accorso incuriosito, disposto persino a occupare il posto due/tre ore prima dell’inizio. Le sbavature di questo festival sono oscurate dal grande entusiasmo che è riuscito a infondere nei torinesi, felici di acclamare – anche in piedi – alcune delle preziosità musicali sfoderate dalla città: Teatro Regio, Filarmonica di Torino e Orchestra Sinfonica Nazionale RAI, le quali si sono susseguite offrendo programmi mirati ad abbracciare i gusti più vari. Molte serate riuscite – quelle RAI di Valčuha e il Tutto Rossini curato da Bisanti col Regio – alcune meno. La direzione di Rustioni della Filarmonica ha realizzato collaborazioni di assoluto plauso, come con Francesca Dego al violino per la serata tedesca, e con il pianista Emanuele Arciuli per la serata conclusiva. Pieno trionfo per la celebrazione degli States, con un Valčuha armato di spada laser per dirigere il bis “stellare”. Grande felicità per un festival che ha nutrito una piazza desiderosa di avvicinarsi, anzi riavvicinarsi, a un patrimonio culturale che tanti sentono come indecifrabile e ormai lontano. Il format messo a punto dalla Città di Torino è riuscito a semplificare la fruizione (le guida all’ascolto), rompendo quella barriera invisibile che si viene a creare in un auditorium fra un’orchestra e il suo pubblico.